"Può accadere che muoiano subito o che sviluppino ipersensibilità alle malattie a causa di un immunosoppressione da stress. Poi ci sono i traumi, i problemi dovuti a carenza di vitamine e sali minerali indispensabili per la sopravvivenza. E i trattamenti farmacologici deleteri a base di testosterone impartiti da chi li detiene per obbligare gli uccelli a cantare anche al di fuori del periodo riproduttivo".
Così Renato Ceccaherelli, veterinario del Cruma di Livorno, ci descrive le conseguenze fisiche e comportamentali della prigionia da “richiamo vivo”. E ci spiega quali sono gli effetti della permanenza in gabbie così anguste per questi uccelli.
“Parliamo di uccelli migratori. Basta questo per capire quanto sia stravolto il loro assetto fisiologico. Non è raro vedere soggetti che ripetono gli stessi movimenti nella gabbietta per tutto il giorno. Si chiamano stereotipie e rappresentano uno dei più chiari segni di adattamento patologico alla cattività.”
Reinserire queste vittime in natura è sempre stato il nostro intento e Renato è stato parte attiva nel perseguire questo obiettivo. “Negli anni ne abbiamo visto alcuni che per varie settimane hanno gironzolato in zona, segno che la sopravvivenza in natura dopo la detenzione in gabbia non è affatto impossibile".